CAVO INCENDIO ED EVAC: UN ELEMENTO DA IDENTIFICARE GIÀ IN FASE PROGETTUALE

Il Decreto 3 agosto 2015 Cavo incendio ed EVAC un elemento da identificare già in fase progettuale

A cura di Associazione FIREPRO
Ing. Andrea Francesco Moneta
Beta Cavi srl

l’evoluzioni normative
Con le ultime evoluzioni normative rilasciate (es:UNI 9795:2013, CEI 20-105 V1, EN60332-3-25, …) l’elemento di interconnessione fino ad oggi identificato come semplice “accessorio” ha assunto un ruolo centrale fino dalla fase progettuale.
A seguito dei malfunzionamenti in impianti di rilevazione incendio indirizzati e impianti EVAC che i principali leader di mercato hanno riscontrato con una frequenza significativa e a seguito della difficoltà nel dimostrare che i guasti non dipendevano dalle apparecchiature installate ma semplicemente dal sistema di interconnessione utilizzato.
Ciò ha creato una vera e propria cordata che ha richiesto e imposto l’indicazione all’interno delle normative progettuali, del rispetto di alcune caratteristiche e di alcuni parametri riguardanti le linee di interconnessione già in fase di progettazione.
La motivazione è da ricercare nel fatto che la norma costruttiva dei cavi per sistemi rilevazione incendio CEI 20-105 (attualmente nella versione V1 rilasciata nel settembre 2013) garantisce esclusivamente l’integrità del circuito in condizione di emergenza, senza considerare le caratteristiche trasmissive delle linee.
Questa norma contempla l’impiego di due tipologie di linee:
• cavi con isolamento in silicone G4
• cavi con isolamento in E4 (cavi dati resistenti al fuoco).
Sempre all’interno del testo normativo (rif. capitolo 3.3 pagina 6) viene indicato come nota che la scelta della tipologia della linea da impiegare, deve essere realizzata opportunamente al fine di evitare malfunzionamenti al sistema.
La regione di tale indicazione risiede nel principio di funzionamento delle due tecnologie impiegate per i sistemi antincendio (sistemi convenzionali e sistemi indirizzati).
Se per i primi (sistemi convenzionali) le caratteristiche intrinseche delle linee non risultano fondamentali per il buon funzionamento del sistema, in quanto la linea deve solo rendere possibile l’identificazione di una variazione di assorbimento generato dall’attivazione del sensore convenzionale (passaggio da un assorbimento a riposo di alcuni µA ad un assorbimento in allarme di alcuni mA),
Per la seconda tipologia (sistemi indirizzati) i parametri trasmissivi delle linee risultano essenziali in quanto si ha un vero e proprio passaggio di dati (protocollo di comunicazione tra centrale e periferiche).
L’emissione della norma di sistema UNI 9795:2013 (entrata in vigore il 10 Ottobre del 2013) ha imposto al progettista la verifica dei parametri trasmissivi delle linee di interconnessione con i parametri trasmissivi dell’architettura scelta per il progetto al fine di evitare malfunzionamenti.
Questa ulteriore responsabilità delegata al professionista è stata imposta aI fine di scongiurare guasti casuali sull’impianto o continue segnalazioni di anomalie non dipese dalle apparecchiature ma dalle caratteristiche inadatte delle linee di interconnesione che comprometterebbero l’efficenza dell’impianto.
Troppo spesso infatti si esaminavano progetti nei quali veniva menzionata come unica caratteristica normativa per le linee del sistema di rivelazione incendio la conformità alla CEI EN 50200:2000-02 PH30 (normativa rivolta unicamente alla metodologia di prova) cosa ovviamente non sufficiente.
All’interno del sistema di rivelazione incendio è possibile discriminare 3 tipologie principali di linee:

• Per il collegamento di apparati aventi tensioni di esercizio uguali o inferiori a 100 V c.a. (per esempio sensori, pulsanti manuali, interfacce, sistemi di evacuazione vocale, avvisatori ottico-acustici, sistemi di evacuazione fumo calore, ecc.) è richiesto l’impiego di cavi resistenti al fuoco sottoposti a prova in conformità alla CEI EN 50200 (requisito minimo PH 30) aventi tensione nominale di 100 V (Uo/U = 100/100V) e costruiti secondo la CEI 20-105 V1.
Essi devon risultare idonei alla posa in coesistenza con cavi energia utilizzati per sistemi a tensione nominale verso terra fino a 400V

Di questa prima tipologia ne esistono due versioni, quella per l’interconnessione di sistemi di rivelazione incendio e quella per sistemi EVAC:

1. Cavi per impianti di rivelazione fumi (tensione di esercizio ≤100V colorazione della guaina esterna rossa) …. es: FRHRR

CAVO_1

2. Cavi per sistemi di evacuazione vocale, con linee a 70V c.a. o 100V c.a. (valore efficace RMS) nominali, (colorazione della guaina esterna viola es: EVAC

CAVO_2

Entrambe le tipologie devono essere LSZH con un requisito minimo PH 30 e comunque nell’ipotesi di esistenza di distinte zone o distinti compartimenti, non inferiore a garantire il mantenimento delle funzioni per un periodo non inferiore a quello prescritto da specifiche regole tecniche di prevenzione incendi

• Per il collegamento di apparati aventi tensioni di esercizio superiori a 100 V c.a. viene richiesto l’utilizzo di cavi elettrici resistenti al fuoco sottoposti a prova in conformità alla CEI EN 50200, ma a differenza di quelli sopra citati le caratteristiche costruttive devono essere conformi alla CEI 20-45 – Uo/U=0,6/1 kV….. es: FRH

CAVO_3

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IL CONCETTO DI NPSH NELLA UNI EN 12845

Il concetto di NPSH nella UNI EN 12845

L’importanza dell’NPSH per la corretta scelta dei sistemi di pressurizzazione antincendio

A cura di Associazione FIREPRO
Ing. Gian Paolo Benini
Idroelettrica spa

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CONSIDERAZIONI SUI LOCALI ANTINCENDIO INTERRATI REALIZZATI ALL’INTERNO DI CISTERNE METALLICHE

Considerazioni sui locali antincendio interrati realizzati all’interno di cisterne metalliche

Rif. UNI 11292 punto 4.1 – Locali per unità di pompaggio – Ubicazione

Nel mercato dell’antincendio vengono proposti da molte aziende dei sistemi, destinati all’interramento, che integrano all’interno di un monoblocco metallico, la vasca di riserva idrica, il locale pompe e il vano di accesso al locale pompe. L’accesso a questi sistemi è realizzato con scale che portano dal piano campagna alla quota del locale pompe posto di solito tra i 3,5 e i 4,0 m di profondità.

Questa nota si rivolge a tutti coloro che in fase progettuale o realizzativa, sono chiamati a scegliere e/o porre in opera, un’ alimentazione idrica dedicata ad una rete antincendio (al servizio di sprinkler o idranti).
Lo scopo è quello di porre in evidenza i pericoli derivanti da una errata interpretazione delle norme tecniche e dalla sottovalutazione di ciò che è richiesto dal testo unico sulla sicurezza 81/2008.

La UNI 11292, al punto 4.1.2 ammette l’ubicazione interrata, ma precisa : “Non è ammessa la realizzazione di locali interrati nelle aree a rischio di inondazione e nelle zone comunque esposte al rischio di allagamento in caso di eventi atmosferici gravi, salvo ingegnerizzazione specifica dell’installazione”.
Si deduce da ciò, che ogni volta che si progetta la realizzazione di un sistema interrato, nella relazione tecnica debba essere contenuta una valutazione dell’area di intervento allo scopo di escludere che essa ricada all’interno delle aree a rischio di inondazione o allagamento.
Non esistendo questa valutazione , non dovrebbe essere possibile realizzare il manufatto.
Inoltre essendo il 70 % dei comuni italiani a rischio di alluvione e frana, il ricorso ai sistemi interrati dovrebbe essere un’eccezione e non rappresentare, spesso la prima scelta progettuale. Correndo innanzitutto il rischio di trovarsi il locale antincendio completamente allagato, nonostante i sistemi di sicurezza previsti per impedirlo.

La norma UNI EN 12845 cap. 20 – Manutenzione, prevede che all’interno del locale pompe occorra accedere almeno una volta alla settimana, per poter espletare le operazioni di ispezione, controllo e manutenzione previste dalla norma medesima.

Il locale pompe diviene quindi a tutti gli effetti un “luogo di lavoro” ricadente nell’ambito della regolamentazione dettata dal testo unico sulla sicurezza DL 81/2008 agli art. 65 e 66 (Locali sotterranei o semi sotterranei ; Lavori in ambienti sospetti di inquinamento). Ad esso si applica quindi il DPR 177/2011 e la guida operativa ISPESL 12/06/2008 che, richiamando l’art. 66 del DL 81/2008, introduce anche la definizione di “Spazio confinato” : spazio circoscritto, caratterizzato da limitate aperture di accesso e da una ventilazione naturale sfavorevole, in cui può verificarsi un evento incidentale importante, che può portare ad un infortunio grave o mortale…

1) Nei sistemi metallici integrati da interro, la ventilazione naturale è estremamente sfavorevole, anzi possiamo dire che praticamente non esiste; si è inoltre in presenza di diversi pericoli
– di tipo elettrico per perdita di isolamento degli impianti presenti o rischio di contatto diretto incrementato dagli spazi ristretti,
– di tipo chimico per presenza di idrogeno prodotto dalle batterie per l’avviamento di motori diesel e l’alimentazione in assenza di tensione delle pompe di drenaggio, vapori di combustibile per le perdite derivanti dal rifornimento dei serbatoi di gasolio
oltre a :
– rischi di caduta dovuti alle presenza di scale di accesso a giorno, con possibilità di formazione di gelo, accumulo di neve e/o foglie ecc..; presenza sulla pavimentazione interno di tracce di combustibile e di olio lubrificante derivanti dal normale esercizio del sistema; presenza di acqua di condensa su tutte le pareti e le parti metalliche presenti
– rischi dovuti all’amplificazione del rumore generati dalle macchine all’interno di un serbatoio metallico
– ecc… ,

2) Non ci pare che i sistemi descritti possano essere considerati dei luoghi di facile accesso come richiede la UNI 11292 4.1 che recita “L’ubicazione del locale deve essere tale da assicurare, in caso di incendio, il facile accesso al locale da parte delle squadre di soccorso”. Né possano dare garanzie, agli addetti al loro esercizio e manutenzione di lavorare in un luogo sicuro. Anche perché se applicate, le disposizioni citate in precedenza, imporrebbero l’accesso al locale, solo a personale qualificato e preparato. Anzi lo schema in esame esalta i pericoli esistenti in un luogo di lavoro confinato, essendo necessario accedere al locale proprio in situazioni di emergenza, quando ogni piccolo inconveniente può diventare fatale

3) Il problema degli interrati metallici è all’ordine del giorno già oggi, anche per quanto riguarda le responsabilità degli RSPP, essi non hanno la possibilità di far accedere per la manutenzione il proprio personale, in quanto non adeguatamente formato per svolgere attività in luoghi di lavoro ristretti, e sono in grande difficoltà nell’acquisire all’esterno, queste competenze, perché le aziende di manutenzione che vanno per la maggiore nel settore antincendio, non hanno, nemmeno esse, personale adatto.

4) Con la promulgazione del DPR 151 del 1 agosto 2011, relativo alla nuova disciplina dei procedimenti di prevenzione incendi, le responsabilità penali del progettista e del titolare dell’attività vengono ampliate. In particolare l’introduzione della SCIA (segnalazione certificata di inizio attività AI FINI DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO) comporta la produzione da parte di un professionista abilitato, di un certificato di Asseverazione ai fini della sicurezza antincendio. Nel quale egli sottoscrive la conformità delle opere alle prescrizioni previste dalla normativa di prevenzione incendi : “visti : la documentazione progettuale, l’esito dei sopralluoghi e delle verifiche effettuate, le dichiarazioni e le certificazioni allegate e verificata la completezza delle stesse” Il professionista si assume quindi la responsabilità dell’intero impianto e della veridicità delle certificazioni ottenute dai produttori e degli installatori, consapevole della sanzione penale prevista dall’art. 19 comma 6 della L. 241/90, dall’art. 20 comma 2 del D.Lgs. 139/06, nonché di quelle previste dagli artt. 359 e 481 del C.P. in caso di dichiarazioni mendaci e falsarappresentazione degli atti, in relazione alle opere che hanno come oggetto. Anche il titolare dell’attività , al momento del deposito della SCIA, completa del certificato di Asseverazione e degli altri documenti richiesti, si assume la responsabilità di quanto depositato consapevole delle conseguenze penali e amministrative previste dagli artt. 75 e 76 del DPR 445/2000 in caso di dichiarazioni mendaci e formazione o uso di atti falsi nonché della sanzione penale prevista dall’art.19 comma 6 della L 241/90 Perciò per non incorrere in sanzioni penali, il progettista e il suo committente dovranno porre grande attenzione nella scelta e nella verifica dei materiali, nel controllo dei certificati e del lavoro delle aziende installatrici. Queste ultime sono responsabili insieme ad essi del rispetto delle normative e sono tenute ad utilizzare materiali correttamente costruiti e certificati.

5) Nel caso locali antincendio interrati realizzati all’interno di cisterne metalliche, al di là di quanto riportato al punto 4, emerge, al di sopra dell’applicazione corretta delle normative tecniche antincendio, la necessità di applicare in primo luogo il testo unico sulla sicurezza DL 81/2008, unico riferimento certo che verrà preso in esame in sede giudiziale in caso di evento sfavorevole.

Conclusione
Scegliere di risolvere il problema dell’alimentazione idrica antincendio utilizzando locali antincendio interrati, realizzati all’interno di cisterne metalliche, porta ad un’enorme assunzione di responsabilità da parte di tutti gli attori in gioco, e crea giganteschi problemi di sicurezza e di gestione dell’impianto a chi sarà chiamato a farlo.
La scelta corretta, nel pieno rispetto di tutte le leggi e norme tecniche in vigore, è quella di avere la centrale idrica esterna posta accanto al serbatoio di accumulo (utilizzando pompe centrifughe orizzontali) oppure si può scegliere di interrare la vasca e di mantenere la centrale all’esterno utilizzando le vertical turbine pumps. In entrambi i casi si ottiene una disposizione idraulica sottobattente , l’unica che può garantire che le Q/H di progetto, siano realmente disponibili in ogni momento.
Nelle foto vengono riportati due esempi di tali realizzazioni , tratti dalla produzione di Idroelettrica spa.

Ing. Gian Paolo Benini
Idroelettrica spa

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IL DECRETO 3 AGOSTO 2015: IL NUOVO ‘TESTO UNICO’ O ‘CODICE DI PREVENZIONE’

Il Decreto 3 agosto 2015: il nuovo ‘Testo Unico’ o ‘Codice di prevenzione’

Il Decreto 3 agosto 2015 cioè il nuovo “Testo Unico” o “Codice di prevenzione” è il proseguo di un progetto iniziato con il DPR 151/2011 e che prevende con questo importante passo legislativo la semplificazione normativa e lo snellimento delle procedure antincendio.
Si tratta di un nuovo approccio metodologico, più aderente al progresso tecnologico, che, a pieno regime, supera l’articolata e complessa stratificazione di norme, ed arriva ad un unico testo organico e sistematico utile a regolamentare tutte le attività soggette ai controlli dei Vigili del Fuoco (dopo l’emanazione delle regole tecniche verticali).
Il DM 03/08/2015 non fa distinzione fra attività esistente e nuova realizzazione. In particolare l’art. 2 riporta che in caso di interventi di ristrutturazione parziale ovvero di ampliamento ad attività esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, le medesime norme tecniche si possono applicare a condizione che le misure di sicurezza antincendio esistenti nella restante parte di attività, non interessata dall’intervento, siano compatibili con gli interventi di ristrutturazione parziale o di ampliamento da realizzare.
Una ulteriore novità è che il Codice di Prevenzione Incendi (o Testo Unico) può essere preso a riferimento per la progettazione, la realizzazione e l’esercizio delle attività indicate al comma 1 dell’art. 2 che non rientrano nei limiti di assoggettabilità previsti nell’allegato I del decreto del Presidente della Repubblica 1 agosto 2011, n. 151.
Il Codice dunque rende i professionisti assolutamente protagonisti assegnando loro la responsabilità della scelta delle misure di prevenzione incendi da adottare, dando la possibilità di adottare regole meno prescrittive, più prestazionali e flessibili, favorendo l’utilizzo dei metodi dell’ingegneria antincendio. Tale flessibilità permette di indicare, per ogni livello di prestazione di sicurezza antincendio richiesto, diverse soluzioni progettuali conformi (prescrittive) o prestazionali, attraverso metodi riconosciuti che valorizzano l’ingegneria antincendio, effettuando una progettazione con un approccio logico, non più prescrittivo ma prestazionale.
L’allegato al decreto e’ il cuore del testo, la sezione M: Metodi “FSE” (ingegneria sicurezza antincendio, scenari per progettazione prestazionale, salvaguardia della vita) indica le procedure da seguire per l’utilizzo della Fire Safety Engineering come soluzione alternativa per la verifica delle soluzioni progettuali che verificano il livello di prestazione per le varie strategie antincendio.
Le IPOTESI FONDAMENTALI:
➢ In condizioni ordinarie, l’incendio di un’attività si avvia da un solo punto di innesco (escluso l’incendio doloso o eventi estremi come catastrofi, azioni terroristiche etc…)
➢ Il rischio di incendio di un’attività non può essere ridotto a zero.

Le misure antincendio sono selezionate dunque per minimizzare il rischio di incendio, in termini di probabilità e di conseguenze, entro dei limiti considerati accettabili.
L’analisi del processo di progettazione prestazionale prevede una prima fase che consiste nello studio dell’attività in esame con l’individuazione delle condizioni più rappresentative del rischio al quale l’attività è esposta e quali sono le soglie di prestazione cui riferirsi in relazione agli obiettivi di sicurezza da perseguire.
Dopo aver definito gli obiettivi, nella seconda fase viene effettuata l’analisi quantitativa attraverso l’impiego di modelli di calcolo, che permette di studiare gli effetti dell’incendio in relazione agli obiettivi assunti, confrontando i risultati ottenuti con le soglie di prestazione già individuate e definendo il progetto da sottoporre a definitiva approvazione.
La definizione del progetto consente di identificare e documentare la finalità della progettazione antincendio prestazionale; gli eventuali vincoli progettuali derivanti da previsioni normative o da esigenze peculiari dell’attività; i pericoli di incendio connessi con la destinazione d’uso prevista; le caratteristiche degli occupanti in relazione alla tipologia di edificio ed alla destinazione d’uso prevista.
Dopo aver stabilito lo scopo del progetto, in particolare la destinazione e le modalità di impiego dell’attività, il professionista antincendio specifica gli obiettivi di sicurezza antincendio, tra quelli previsti nel DM 03/08/2015, in relazione alle specifiche esigenze dell’attività in esame ed alle finalità della progettazione.
Il decreto fornisce delle indicazioni predefinite relativamente alle soglie di prestazione da utilizzare come riferimento per la life safety.
Il capitolo M.2 fornisce indicazioni su come individuare gli scenari di incendio per la progettazione prestazionale, definiti come la descrizione dettagliata degli eventi che possono ragionevolmente verificarsi in relazione a tre aspetti fondamentali:
– caratteristiche dell’incendio;
– caratteristiche dell’attività;
– caratteristiche degli occupanti.

Per la definizione del tipo di incendio, il paragrafo M.2.4.3 indica come, a seconda dell’obiettivo dell’analisi, l’incendio consista nella caratterizzazione quantitativa del focolare, in quanto sorgente di energia termica e di prodotti della combustione, secondo i seguenti parametri ove rilevanti ai fini della tipologia dell’analisi:
a) localizzazione del focolare;
b) tipologia di focolare: covante o con fiamma;
c) quantità, qualità e distribuzione spaziale del materiale combustibile;
d) fonti d’innesco;
e) curva RHR (rate of heat release), quale potenza termica prodotta dal focolare al variare del tempo RHR(t);
f) generazione dei prodotti della combustione presi in considerazione (es. CO e particolato).

Il DM 03/08/2015 da indicazioni sulla durata degli scenari di incendio di progetto in base all’obiettivo di sicurezza antincendio per cui si sta applicando l’approccio ingegneristico, indicando anche come stimare la curva RHR e la fase di propagazione dell’incendio.
Il capitolo M.3 Salvaguardia della vita con la progettazione prestazionale fornisce indicazioni circa gli obiettivi che il professionista antincendio deve selezionare per la life safety, ovvero
a) la dimostrazione diretta ed esplicita della possibilità per tutti gli occupanti di un’attività di raggiungere o permanere in un luogo sicuro, senza che ciò impedito da un’eccessiva esposizione ai prodotti dell’incendio;
b) la dimostrazione della possibilità per i soccorritori di operare in sicurezza, secondo le indicazioni delle tabelle M.3-2 e M.3-3.

La progettazione deve seguire una delle procedure riconosciute a livello internazionale per valutare la posizione e la condizione degli occupanti durante l’evoluzione degli scenari d’incendio previsti per l’attività.
Il DM 03/08/2015 si appresta a diventare il testo di riferimento per la progettazione delle attività e per lo studio delle soluzioni progettuali in ottica prestazionale, permettendo al professionista di mettere sul campo la propria esperienza per la risoluzione delle varie problematiche di prevenzione incendi, con la possibilità di verificare le soluzioni proposte grazie a metodi di calcolo riconosciuti a livello internazionale.

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D.M. 03/08/2015

Nuove norme di prevenzione incendi

A cura di Associazione Fire Pro
E’ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.192 del 20 agosto 2015 – SO n. 51 – il Decreto del Ministro dell’Interno 3 agosto 2015: “Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’art.15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139”.
Questo nuovo decreto, aspettato da tempo e che entra in vigore il 18 novembre 2015, introduce uno strumento più flessibile ed idoneo ad affrontare le varie tematiche connesse all’azione di adeguamento antincendio. L’applicazione delle nuove metodologie consentirà di risolvere molte problematiche oggi irrigidite dalla norme prescrittive, ma richiederà sicuramente un cambio di approccio e mentalità da parte di tutti, professionisti e funzionari VVF.
Questo decreto fa parte di un progetto di aggiornamento e riordino della normativa tecnica antincendio, che mira a rendere più uniforme, semplice ed allineata agli indirizzi internazionali la normativa tecnica di prevenzione incendi, affiancando alle regole tecniche prescrittive esistenti uno strumento più flessibile per la progettazione e l’adeguamento antincendio, basato sulla valutazione del rischio e sulle prestazioni.
Si tratta di un unico testo organico e sistematico, contenente disposizioni applicabili a molte attività soggette ai controlli di prevenzione incendi.
La caratteristica saliente riguarda l’utilizzo di un nuovo approccio metodologico : il passaggio da un sistema più rigido, caratterizzato da regole prescrittive, ad un approccio di tipo prestazionale, con soluzioni tecniche più flessibili e aderenti alle peculiari esigenze delle diverse attività.
Il decreto si compone di cinque articoli e di un corposo allegato tecnico, che specifica all’art. 2 le attività cui potrà essere applicata la nuova normativa e le modalità di utilizzo della nuova metodologia in alternativa alle vigenti disposizioni di prevenzione incendi, come specificato invece nell’articolo 1 comma 2 del decreto.
La normativa, in questa prima fase, verrà applicata integralmente alla progettazione, realizzazione e all’esercizio delle attività alle attività soggette ai controlli di Prevenzione Incendi per cui non erano previste specifiche norme verticali, ma erano utilizzati i criteri tecnici generali di prevenzione incendi elencate al comma 1 dell’art. 2.
In particolare l’applicazione di questo decreto è alternativo all’applicazione delle specifiche disposizioni di prevenzione incendi di cui ai decreti del Ministro dell’interno di seguito indicati, ovvero ai vigenti criteri tecnici di prevenzione incendi di cui all’articolo 15, comma 3, del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139: D.M. del 30/11/1983, D.M. del 31/03/2003, D.M. del 03/01/2004, D.M. del 15/03/2005, D.M. del 15/09/2005, D.M. del 16/02/2007, D.M. del 09/03/2007, D.M. del 20/12/2012, attenzione restano validi il DM 10/03/1998 e il DM 09/05/2007.
Si tratta di un documento molto articolato, composto da 4 sezioni. Le prime due sezioni (generalità e strategia antincendio) introducono nuove regole generali applicabili, la terza prevede specifiche disposizioni applicabili per singole attività. Nella quarta sezione vengono indicate metodologie innovative ed alternative a quelle previste nelle prime tre sezioni, utili a risolvere specifiche problematiche non altrimenti risolvibili.
L’allegato 1 al decreto, intitolato Norme tecniche di prevenzione incendi, è strutturato in 4 sezioni che disciplinano, nel loro complesso, l’intera materia antincendio:
Sezione G – Generalità: contiene i principi fondamentali per la progettazione della sicurezza antincendio applicabili indistintamente a tutte le attività
– G.1 Termini, definizioni e simboli grafici
– G.2 Progettazione per la sicurezza antincendio
– G.3 Determinazione dei profili di rischio delle attività
Sezione S – Strategia antincendio: fornisce le misure antincendio di prevenzione, protezione e gestionali applicabili a tutte le attività, per comporre la strategia antincendio al fine di ridurre il rischio di incendio
– S.1 Reazione al fuoco
– S.2 Resistenza al fuoco
– S.3 Compartimentazione
– S.4 Esodo
– S.5 Gestione della sicurezza antincendio
– S.6 Controllo dell’incendio
– S.7 Rivelazione ed allarme
– S.8 Controllo di fumi e calore
– S.9 Operatività antincendio
– S.10 Sicurezza degli impianti tecnologici e di servizio Sezione
Sezione V – Regole tecniche verticali : fornisce ulteriori indicazioni specifiche per alcune tipologie d’attività, complementari a quelle previste nella sezione Strategia antincendio
– V.1 Aree a rischio specifico
– V.2 Aree a rischio per atmosfere esplosive
– V.3 Vani degli ascensori
Sezione M – Metodi: riporta la descrizione di metodologie progettuali volte alla risoluzione di specifiche problematiche tecniche
– M.1 Metodologia per l’ingegneria della sicurezza antincendio
– M.2 Scenari di incendio per la progettazione prestazionale
– M.3 Salvaguardia della vita con la progettazione prestazionale

Pietro Monaco
(Namirial Spa)

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STANDARD PREN 13381-4 – PREN 13381-8 – PRIMA PARTE

GLI STANDARD prEN 13381-4 – prEN 13381-8

PER LA DETERMINAZIONE DEL CONTRIBUTO DEI PROTETTIVI ALLA RESISTENZA AL FUOCO DI ELEMENTI STRUTTURALI DI ACCIAIO: PROCEDURA DI PROVA E VALUTAZIONE DEI RISULTATI

PRIMA PARTE

A cura di Associazione FIREPRO
Marco Antonelli
Promat spa

1 INTRODUZIONE
Come è noto le strutture di acciaio hanno una certa vulnerabilità quando esposte all’incendio, soprattutto se in ambiente confinato, dovuta alla loro alta conducibilità termica, che permette un rapido trasferimento di calore dalle sezioni più esterne a quelle più interne, ma, soprattutto, a causa della perdita di alcune loro importanti caratteristiche meccaniche. In particolare la tensione di snervamento si riduce in modo importante già a partire da 400°C, mentre a circa 600°C risulta praticamente dimezzata. Infine una delle caratteristiche fondamentali dell’acciaio da carpenteria, cioè la sua leggerezza rispetto ad altri materiali da costruzione (proprietà che ne ha decretato il notevole successo soprattutto negli edifici industriali e negli alti fabbricati), agisce a sfavore in caso di incendio, poiché comporta un incremento di temperatura molto ra-pido anche nelle prime fasi del cimento termico.

Per molti anni queste caratteristiche hanno parzialmente limitato l’utilizzo di questo eccellente materiale, imponendo alti costi per la protezione al fuoco, da sommare a quella anticorrosiva, e oggettive difficoltà di realizzazione, soprattutto in caso di strutture molto snelle, in compa-timenti in cui era presente un notevole carico di incendio.

Negli ultimi anni, soprattutto grazie ad un uso più razionale del calcolo, ad una migliore pro-gettazione e ad una più accurata verifica del comportamento dell’intera struttura e non più del singolo elemento, l’acciaio è stato parzialmente rivalutato anche dal punto di vista della resi-stenza al fuoco. Al di la di alcuni eccessi che ne enfatizzano le prestazioni oltre le sue reali ca-ratteristiche, spesso di natura puramente commerciale, si può affermare che una corretta pro-gettazione, abbinata, quando necessario, ad un’efficiente protezione, rendono le strutture in acciaio sicure in caso di incendio e spesso economicamente convenienti.

2 PROTETTIVI PER ACCIAIO
La protezione degli elementi strutturali in acciaio è concettualmente molto semplice. È neces-sario applicare un protettivo capace di rallentare l’incremento di temperatura sulla struttura in modo che questa non raggiunga quella critica di collasso (o quella che il progettista ha definito come la massima temperatura accettabile) durante l’intera esposizione all’incendio. Poiché gli elementi di acciaio esposti ad alte temperature non modificano sostanzialmente la loro composizione, non emettono gas o fumi e, generalmente, non subiscono delaminazioni o di-stacchi, il protettivo dovrà possedere solo caratteristiche altamente isolanti ed avere una “ela-sticità” tale da non compromettere l’adesione e la coesione quando l’elemento strutturale, a causa del carico applicato e delle temperature raggiunte, si deformerà.

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GLI STANDARD PREN 13381-4 – PREN 13381-8 – SECONDA PARTE

GLI STANDARD prEN 13381-4 – prEN 13381-8

PER LA DETERMINAZIONE DEL CONTRIBUTO DEI PROTETTIVI ALLA RESISTENZA AL FUOCO DI ELEMENTI STRUTTURALI DI ACCIAIO: PROCEDURA DI PROVA E VALUTAZIONE DEI RISULTATI

SECONDA PARTE

A cura di Associazione FIREPRO
Marco Antonelli
Promat spa

1 INTRODUZIONE
Come è noto le strutture di acciaio hanno una certa vulnerabilità quando esposte all’incendio, soprattutto se in ambiente confinato, dovuta alla loro alta conducibilità termica, che permette un rapido trasferimento di calore dalle sezioni più esterne a quelle più interne, ma, soprattutto, a causa della perdita di alcune loro importanti caratteristiche meccaniche. In particolare la tensione di snervamento si riduce in modo importante già a partire da 400°C, mentre a circa 600°C risulta praticamente dimezzata. Infine una delle caratteristiche fondamentali dell’acciaio da carpenteria, cioè la sua leggerezza rispetto ad altri materiali da costruzione (proprietà che ne ha decretato il notevole successo soprattutto negli edifici industriali e negli alti fabbricati), agisce a sfavore in caso di incendio, poiché comporta un incremento di temperatura molto ra-pido anche nelle prime fasi del cimento termico.

Per molti anni queste caratteristiche hanno parzialmente limitato l’utilizzo di questo eccellente materiale, imponendo alti costi per la protezione al fuoco, da sommare a quella anticorrosiva, e oggettive difficoltà di realizzazione, soprattutto in caso di strutture molto snelle, in compa-timenti in cui era presente un notevole carico di incendio.

Negli ultimi anni, soprattutto grazie ad un uso più razionale del calcolo, ad una migliore pro-gettazione e ad una più accurata verifica del comportamento dell’intera struttura e non più del singolo elemento, l’acciaio è stato parzialmente rivalutato anche dal punto di vista della resi-stenza al fuoco. Al di la di alcuni eccessi che ne enfatizzano le prestazioni oltre le sue reali ca-ratteristiche, spesso di natura puramente commerciale, si può affermare che una corretta pro-gettazione, abbinata, quando necessario, ad un’efficiente protezione, rendono le strutture in acciaio sicure in caso di incendio e spesso economicamente convenienti.

2 PROTETTIVI PER ACCIAIO
La protezione degli elementi strutturali in acciaio è concettualmente molto semplice. È neces-sario applicare un protettivo capace di rallentare l’incremento di temperatura sulla struttura in modo che questa non raggiunga quella critica di collasso (o quella che il progettista ha definito come la massima temperatura accettabile) durante l’intera esposizione all’incendio. Poiché gli elementi di acciaio esposti ad alte temperature non modificano sostanzialmente la loro composizione, non emettono gas o fumi e, generalmente, non subiscono delaminazioni o di-stacchi, il protettivo dovrà possedere solo caratteristiche altamente isolanti ed avere una “ela-sticità” tale da non compromettere l’adesione e la coesione quando l’elemento strutturale, a causa del carico applicato e delle temperature raggiunte, si deformerà.

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